Vengono a Roma in aereo, nave, treno, pullman, autostop. Vengono a
piedi. Vengono in cerca di successo, speranza, Dio. Vengono a Roma
per l'arte, la Roma antica, i musei, le mostre, la storia. Vengono a
Roma perché è la Città Eterna.
Vengono in cerca di lavoro. Vengono per studiare e poi per trovar
lavoro. Vengono. «E per fortuna che vengono» dice il vecchio
soldato romano di fronte al Colosseo. «Ahò, e daje, ragiona: se
non venissero, chi ce li avrebbe i sordi pe' manna' avanti 'a
capitale?»
Lui è uno che ha capito, uno dei pochi di quell'età che ha capito:
senza questa gente che circola, che fa girare soldi, qui non avremmo
niente. Niente di niente. Mura che si sgretolano.
Vengono a Roma per il potere.
Vengono a Roma per sentirsi artisti.
Vengono a Roma per giocare o per spacciare. Ma alla fine bisogna
ammetterlo, l'importante è che vengano. Tutti.
«Buongiorno, buongiorno!»
I turisti non si lasciano impressionare, è solo un tizio vestito da
romano di fronte al Colosseo.
«'Na foto? Photo?»
Una signora americana in shorts nonostante l'inverno, si sofferma. Il
romano le guarda le mastodontiche cosce e sgrana gli occhi cercando
di non mostrare tutto il disappunto che prova. «Signo', se faccia
'na foto cor mejo gladiatore de Roma.»
«Gladiator?» si rivolge al
marito. «Isn't he a centurion?»
«Gladiatore, centurione, is
the saiimme. C'ho un cuore da
gladiatore, io» dice battendosi il petto. «Conosce Francesco
Totti?»
«Totti?»
«Lassa perde. Venga qua, venga qua»
dice alla signora appoggiandole una braccio intorno alle spalle. «Se
faccia 'na photo cor
mejo glad-centurione de Roma!»
Mado' che cosce, pensa l'uomo, 'sta foto verrà male.
«Si prepari, eh. Faccia ciiiiiis.»
Zap, zap. Un paio di foto ed
è fatta, soprattuto perché il marito della signora è stufo di
ripetere la stessa azione in ogni momento per tutta la vacanza.
«Thank you, grazie.»
La coppia si allontana.
«Ahó, do' annate?» La coppia si volta. «Uno, du' spicci» fa
l'uomo facendo segno con l'indice e poi la V con indice e medio.
«Sorry?»
«One, tu euro. Please.»
Il marito della donna scuote la testa. Tira fuori un paio di
spiccioli dal taschino piccolo dei jeans e glieli dà.
L'uomo fa un inchino. «Grazie, grazie.»
Il buongiorno in periferia, tra i
palazzoni, è grigio. Nulla a che fare con la Grande
bellezza. I prati ci sono, ma
son nascosti.
Quando il professor Ricciardi dell'università Cattolica ha condotto
uno studio che diceva “Roma è seconda solo a Oslo per quantità di
spazio verde a disposizione dei cittadini, ben 131,7 metri quadri per
abitante […] La Capitale norvegese ha solo mezzo milione di
abitanti, quindi si può affermare che la nostra è la più verde al
mondo", nessuno ci ha creduto.
Poi qualcuno si è scollato dalla tv o dallo smarthphone, ha alzato
gli occhi durante una passeggiata e ha pensato: Forse sì, forse ha
ragione.
Clarissa queste cose non le sa. Per lei che viene da fuori,
dall'Abruzzo, Roma è solo frenetica. Non fa in tempo a seguire una
lezione, che quella successiva inizia. Classe dopo classe, da una
parte all'altra della cittadella universitaria, e spesso anche oltre.
La Sapienza è forse il posto più disorganizzato sulla terra, sarà
perché ha più di 700 anni.
Tra i grigi palazzi, davanti a una serranda alzata a tre quarti, una
decina di ragazzi attendono. Tra uno sbadiglio e una stiracchiata,
vengono chiamati all'interno uno alla volta. Qualche nome e poi è il
turno di Clarissa.
«Ciao!» le dice una ragazza abbronzata in inverno come fosse
estate. «Tu sei la sostituta di Claudia, ve'?»
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